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La bassa alfabetizzazione finanziaria italiana

Data pubblicazione: 03 giugno 2025

Autore:

TrueNumbers.it per Fineco Bank
Rappresentazione visiva dell'articolo: La bassa alfabetizzazione finanziaria italiana
  1. Il livello di alfabetizzazione finanziaria degli italiani è ancora basso: ultimi in Europa per l’OCSE (2023)
  2. Ecco i numeri che dimostrano il legame tra competenze finanziarie e ricorso a strumenti di investimento come la previdenza integrativa
  3. Se non si conoscono le alternative e non si chiede consiglio a un consulente, si perdono le migliori occasioni di investimento


SAPERNE DI PIÙ DI FINANZA CONVIENE AL PORTAFOGLIO

Chi ha più competenze fa le scelte migliori, ma troppi italiani sono ancora finanziariamente analfabeti


Di quanto cresce l'adesione alla previdenza integrativa

Risposte relative alle competenze pensionistiche

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Giovani, donne e persone a basso reddito hanno le competenze più basse

Punteggi dell'Edufin Index - scala da 0 a 100

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Fonte: Comitato Edufin, Università di Cambridge e Bocconi


Regola aurea: prima di prendere una decisione è necessario acquisire la consapevolezza e la comprensione dei fattori rilevanti alla situazione. Vale anche per le decisioni che riguardano i propri risparmi perché le alternative possono essere disastrose.


C’è, infatti (è dimostrato), una correlazione strettissima tra il livello di educazione finanziaria e la scelta di investimento più conveniente per i propri capitali. I numeri? Eccoli: ricercatori dell’università di Cambridge hanno analizzato le risposte ai questionari del Comitato Edufin (composto da Governo, Banca d'Italia, Consob, Covip, Ivass, Ocf) per testare l’alfabetizzazione finanziaria degli investitori. Conoscono il meccanismo del tasso d’interesse composto? Hanno dimestichezza con il concetto di diversificazione di portafoglio? Conoscono il meccanismo di calcolo della pensione?


Risultato: c’è una chiara correlazione tra la correttezza delle risposte e la propensione ad aderire a un fondo pensione privato. Si è scoperto, infatti, che ogni singola risposta esatta alle domande sul sistema pensionistico aumenta la probabilità di adesione a un fondo del 3,7% e ogni singola risposta esatta alle domande su temi finanziari aumenta la stessa probabilità dell’1,9%. Questo collegamento è confermato anche dall’analisi del comportamento di coloro che hanno dato più risposte esatte rispetto alla mediana: nel caso delle domande sulle pensioni il loro ricorso a fondi integrativi è superiore del9,8% rispetto a quello che si riscontra tra coloro che, invece, hanno avuto risultati peggiori della stessa mediana. Se le domande sono di carattere finanziario, il vantaggio di chi ha conoscenze maggiori è comunque significativo: 7,5%.


Anche altri parametri sono collegati ad una alta adesione a fondi pensionistici, come, per esempio, la presenza di una laurea o medio-alti livelli di reddito. Tuttavia il livello di conoscenza di concetti finanziari rimane l’elemento maggiormente correlato alla sottoscrizione di una pensione privata.


Come è facile immaginare, poi, tali competenze sono direttamente collegate anche all’intenzione di aderire a fondi pensione in futuro, per coloro che ancora non vi hanno aderito. Per esempio, tra quanti danno risposte più corrette della mediana alle domande di educazione finanziaria la previsione di un’adesione alla pensione integrativa è del 7,5% maggiore rispetto a chi dà più risposte errate.


Alla base dell’incompetenza finanziaria anche il limitato ricorso agli esperti


L’ultima indagine dell’Ocse di dicembre 2023, che analizza sia le competenze teoriche che l’atteggiamento pratico in campo finanziario dei cittadini dei Paesi più ricchi del mondo piazza gli italiani tra gli ultimi, con un punteggio di 53 in una scala tra 0 e 100, contro una media dei Paesi Ocse di 63 e una complessiva mondiale di 60. Siamo lontani dai 76 punti della Germania, così come dai 70 di Hong Kong e Irlanda e anche dai 64 della Spagna, forse il Paese economicamente più simile al nostro. Otteniamo il punteggio più basso d’Europa, inferiore pure a quello della Romania, 54.


Anche questa indagine sottolinea il forte gap tra i punteggi dei giovani (qui gli under 30) e quelli di tutti gli adulti, che nel caso italiano è di 5 punti, contro un divario medio globale di 1,7. Un altro dato interessante è che il tema su cui ci distanziamo di più dal resto del mondo è quello della comprensione dell’importanza della diversificazione del rischio. Ad avere risposto in modo esatto alle domande su questo argomento sono stati solo il 37,1%, il 21,8% in meno della media globale.


Il divario tra Italia ed Europa e resto del Mondo, inoltre, è ancora maggiore nell’ambito dei comportamenti finanziari concreti. Secondo l’Ocse da un lato tendiamo a indebitarci meno degli altri, dall’altra, però, solo l’8,5% degli italiani è abituato a comparare prodotti finanziari, contro una media del 35,6% in Germania e del 26,3% globale. Solo il 10,3% dei nostri connazionali, inoltre, si rivolge a un consulente finanziario, meno della metà di quanti sono abituati a farlo nel resto del mondo.


Questi ultimi dati, uniti al fatto che gli italiani sono meno propensi di altri alla sottoscrizione di strumenti di investimento e risparmio diversi da quelli classici (liquidità o immobiliare) confermano che c’è una stretta correlazione tra competenze finanziarie e scelte virtuose e convenienti, come una diversificazione che includa titoli azionari e l’adesione alla previdenza integrativa.


In un’economia in cui, per fattori demografici, i capitali, spesso ereditati, conteranno sempre di più in confronto ai redditi, farli fruttare meglio diventa ancora più importante. Questo risultato passa attraverso una migliore alfabetizzazione finanziaria: nel caso dei più giovani deve essere anche responsabilità delle scuole, nel caso degli adulti non può che consistere in un maggiore ricorso a quegli esperti che finora sono stati consultati troppo poco.


Ma, appunto, a che punto sono le competenze finanziarie degli italiani? Le rilevazioni effettuate sono diverse, ma in generale i risultati non sono molto positivi. Nel caso dell’indagine del Comitato Edufin del 2022-2023 solo il 24,9% dei 18-64enni ha dato 5 risposte positive su 5, ma si scende al 5,8% se guardiamo alle competenze pensionistiche. Le percentuali naturalmente crescono se consideriamo quanti hanno dato almeno 4 risposte positive su 5, tuttavia è particolarmente preoccupante il fatto che, se parliamo di competenze finanziarie, si scende dal 57,4% tra chi ha più di 65 anni al 44% tra chi ne ha meno di 45.


Queste differenze sono confermate dalla rilevazione più recente, del 2024, della SDA Bocconi, che analizza sia le conoscenze teoriche che i comportamenti concreti degli italiani in campo finanziario. L’Edufin Index che ne deriva è di 55,5 in una scala da 0 a 100, inferiore alla sufficienza di 60, che è stata raggiunta solo dal 40% degli italiani. In particolare tra chi ha meno di 25 anni è stata conseguita solo dal 23,3%, mentre tra i 45-64enni si sale a un pur deludente 43,8% e il divario diventa ancora più ampio tra uomini e donne: a ottenere almeno 60 punti è il 50,2% dei primi, ma solo il 30,4% delle seconde. C’è poi un forte gap tra chi ha un reddito inferiore a 20mila euro (che ha ottenuto 50,3 punti su 100) e chi ne ha uno maggiore di 80mila (che arriva a 64,8). Eppure sono esattamente giovani, donne e italiani a basso reddito coloro che avrebbero più bisogno di quelle competenze necessarie a capire, per esempio, che l’adesione a una pensione integrativa è vitale per il futuro.


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