Nuovo ordine mondiale: si spostano gli equilibri?
Data pubblicazione: 05 giugno 2025
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- Gli equilibri del potere stanno cambiando e si fanno avanti nuovi protagonisti
- Tra questi c’è il blocco dei BRICS+, una schiera sempre più nutrita di Paesi Emergenti
- Per chi investe, quest’area rappresenta una interessante opportunità di diversificazione
QUOTA DEL PIL GLOBALE (IN %)
Fonte: EY, FMI World Outlook Aprile 2024
Gli equilibri del potere su scala mondiale stanno cambiando. Ben prima della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca si parlava di deglobalizzazione o – quanto meno – di rallentamento della globalizzazione (1), una dinamica osservata a partire dalla crisi finanziaria del 2008 per effetto di un aumento del protezionismo, di un contesto geopolitico sempre più complesso e, successivamente, dei problemi alle catene di approvvigionamento legati alla pandemia di Covid.
Ora, con lo shock innescato dal “Liberation Day” di Trump, quando il presidente USA ha presentato la sua tabella di dazi reciproci (poi sospesi fino a luglio) facendo tremare i mercati finanziari globali, le cose si sono complicate ulteriormente. L’impatto dell’annuncio dei dazi sul dollaro (al ribasso) e, almeno temporaneamente, sui rendimenti dei Treasury decennali (al rialzo) ha spinto diversi osservatori a mettere in dubbio addirittura il ruolo di leader globale degli Stati Uniti. E questo ha aperto tutta una serie di riflessioni sull’opportunità per l’Europa di raccogliere il prezioso testimone.
Intanto, però, ci sono altri protagonisti che stanno salendo alla ribalta e che si presentano come un’alternativa per l’economia mondiale: parliamo dei Paesi Emergenti, capitanati dai cosiddetti BRICS (la sigla sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ma – come vedremo – altri Paesi si sono aggiunti a questo gruppo nel tempo).
I BRICS non passeranno di moda: i numeri e le prospettive
Stando ai calcoli del Fondo Monetario Internazionale – che sono aggiornati al 2024 – la quota sul PIL globale dei Paesi del G7 (USA, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Giappone e Canada) era pari al 42,1% nel 2002 (calcolato in parità di potere d’acquisto), ma è sceso progressivamente nel corso degli anni, arrivando al 29,6% nel 2024. Al contrario, per i BRICS la percentuale è salita dal 24,1% del 2002 al 36,7% dell’anno scorso.
E con l’inclusione di nuovi partner tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, i BRICS+ rappresentano oggi circa il 41,4% del Prodotto Interno Lordo mondiale, sempre calcolato in parità di potere d’acquisto. Insomma, dopo decenni di dominio incontrastato dei Paesi sviluppati, qualcosa sta rapidamente cambiando.
Ma chi sono, esattamente, i cosiddetti “BRICS”?
Il termine “BRIC” è stato coniato nel 2001 dall’economista Jim O’Neil, che a quel tempo lavorava in Goldman Sachs, per accendere un riflettore sui tassi di crescita estremamente positivi di Brasile, Russia, India e Cina.
Ai quattro Paesi – accomunati da una situazione economica in via di sviluppo, da una popolazione giovane e aperta alla digitalizzazione e dall’abbondanza di risorse naturali strategiche – quel termine è piaciuto, tanto che hanno deciso di farne un’organizzazione intergovernativa con l’obiettivo di far sentire la propria voce e accrescere la propria influenza nel mondo: il primo incontro ufficiale è avvenuto in Russia nel 2009. L’anno successivo, al gruppo si è aggiunto il Sudafrica (e l’acronimo è cambiato in “BRICS”).
Successivamente, dal 2024, ai cinque membri originari se ne sono aggiunti altri: inizialmente Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti e Nigeria; poi, nel 2025, anche l’Indonesia. Non solo: da gennaio 2025, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan sono diventati partner dei BRICS, uno step che solitamente precede l’ingresso a pieno titolo nel gruppo. E altri quattro Paesi – Algeria, Nigeria, Vietnam e Turchia – sono stati invitati a fare lo stesso. Insomma, una compagine che cresce e che rappresenta una quota sempre più importante non solo in termini di PIL, ma anche sul fronte del commercio globale, della produzione petrolifera e della popolazione.
BRICS SOTTO LA LENTE
Fonte: Elaborazione Wealthype, Pictet
Qual è il punto di vista dei BRICS, oggi?
Si tratta, naturalmente, di un gruppo estremamente disomogeneo, che tuttavia concorda su alcuni obiettivi comuni.
- Creare un nuovo sistema di pagamento – “BRICS Pay” – alternativo a quello dello SWIFT, per ridurre la dipendenza dal dollaro USA.
- Far sentire la propria voce nelle organizzazioni internazionali (come l’ONU) e finanziarie (nel 2014 hanno anche fondato la Nuova Banca di Sviluppo, alternativa al Fondo Monetario Internazionale).
CHI CONTRIBUIRÀ DI PIÙ ALLA CRESCITA GLOBALE DI QUI AL 2029?
Fonte: Elaborazione Wealthype su stime FMI, Bloomberg
BRICS in evidenza anche sui mercati finanziari
Nonostante i dazi, le tensioni geopolitiche e il crescente protezionismo USA, i mercati emergenti (di cui i BRICS sono la punta di diamante) stanno vivendo una fase di ripresa anche sui mercati finanziari. Tanto che, dall’inizio dell’anno, l’indice MSCI Emerging Markets ha sovraperformato l’omonimo indice focalizzato sul mondo sviluppato, complici anche la debolezza del dollaro statunitense e il potenziale di crescita della domanda interna nei Paesi emergenti.
I MERCATI EMERGENTI BATTONO QUELLI SVILUPPATI DA INIZIO ANNO
Fonte: MSCI, dati YTD ribasati a 100
Non solo. Anche la dinamica del prezzo del petrolio, che da inizio anno ha perso terreno a seguito dell’aumento della produzione dei Paesi OPEC+ e delle aspettative al ribasso per l’economia globale, sta aiutando i Paesi emergenti che dipendono dalle importazioni di greggio.
PETROLIO (WTI) IN CALO DA INIZIO ANNO
Fonte: Investing.com, dati in dollari al barile
BRICS in ottica di diversificazione (senza trascurare le altre aree)
Come abbiamo accennato, questa dicotomia BRICS vs G7 non si limita a una questione di “numeri”, ma si allarga a un concetto più ampio: sono le economie più o meno in via di consolidamento, che si confrontano con le potenze già consolidate. Tutto questo, naturalmente, non significa che l’ordine mondiale così come lo conosciamo cesserà di esistere da un giorno all’altro. Sono dinamiche lunghe e complesse, influenzate tra l’altro da moltissimi fattori, spesso imprevedibili. Ma è innegabile che la situazione sia in forte fermento, sul fronte economico, geopolitico e commerciale.
Per chi investe, i mercati emergenti – e in particolare i BRICS – potrebbero rappresentare una buona opportunità in ottica di diversificazione del portafoglio (considerando ovviamente i rischi geopolitici), sempre tenendo conto della propria propensione al rischio e dell’orizzonte temporale a disposizione. E senza dimenticare gli obiettivi di lungo periodo che si vorrebbero raggiungere attraverso il portafoglio di investimento.
(1) https://it.finecobank.com/fineconomy/article/slowbalization-il-mondo-multipolare/
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